Varicocele pelvico femminile: possibili cause
Il varicocele pelvico femminile è una patologia molto diffusa anche se ad oggi, nonostante i passi avanti effettuati, è diagnosticata in ritardo: il motivo è da ricercare nell’estrema eterogeneità della presentazione clinica; infatti, i sintomi possono essere facilmente confusi con altri disturbi.
Si manifesta principalmente durante l’età fertile o in seguito alla gravidanza mentre la sua incidenza decresce sensibilmente nella fase prepuberale e in menopausa. Probabilmente questa curioso andamento è da ricercare nella maggiore quantità di estrogeni a cui le donne sono esposte in quelle specifiche fasi della vita.
Questi ormoni, infatti, sembrano favorire la vasodilatazione e quindi l’afflusso di sangue ai vasi, i quali, se provvisti di un sistema valvolare poco efficiente, portano ad un aumento del reflusso.
Un’altra possibile correlazione medica studiata negli anni è quella con la sindrome dell’ovaio policistico: in particolar modo, i sostenitori di questa ipotesi credono che la presenza di molteplici cisti ovariche causi un’ostruzione al deflusso venoso e quindi porti all’insorgenza del varicocele.
Come già accennato poco prima, un importante fattore di rischio risulta essere la gravidanza. L’incremento delle dimensioni delle vene che si verifica in questa situazione sembra infatti agevolare l’incontinenza valvolare. In aggiunta, le modifiche che la pelvi della donna subisce in seguito ad una o più gravidanze possono essere alla base dell’origine del varicocele, ostruendo in maniera intermittente il flusso venoso.
Questo però non vuol dire che il varicocele pelvico non si possa manifestare anche in donne che non hanno mai avuto figli: in questi casi, infatti, si suppone che la responsabilità sia per lo più a carico del distretto valvolare venoso che diventa insufficiente.
Quali sono i sintomi del varicocele pelvico femminile?
Oltre al dolore pelvico cronico, presente in tutte le pazienti affette, il varicocele pelvico può presentarsi anche con altri due disturbi piuttosto invalidanti per la vita della donna:
- La dispareunia;
- La dismenorrea.
La dispareunia è una sensazione di dolore, spesso persistente e anche di forte intensità, percepito durante i rapporti sessuali.
In un 15% dei casi inoltre può presentarsi anche con la dismenorrea, termine col quale si intende la presenza di forti dolori in corrispondenza dell’arrivo del ciclo mestruale. È un dolore che raggiunge il suo picco intorno ai primi giorni delle mestruazioni per poi ridursi di intensità con la loro fine.
Infine, possono essere citati alcuni sintomi estremamente più rari, quali:
- Perdite vaginali atipiche;
- Varicosità venose visibili a livello vulvare o all’arto inferiore.
Come si può diagnosticare il varicocele pelvico femminile?
Il varicocele nelle donne si manifesta con un ventaglio sintomatologico abbastanza sfumato, passando necessariamente attraverso varie indagini prima di arrivare ad una diagnosi certa.
Sicuramente il primo passo consiste in una visita medica approfondita, durante la quale la paziente riferirà al medico tutti i suoi possibili sintomi o disturbi. Questo costituisce infatti un ottimo punto di partenza, dal quale il medico potrà porre il suo sospetto diagnostico così da iniziare le successive indagine di approfondimento.
In genere, quando il sospetto di varicocele, alla luce dei sintomi, sembra fondato, si potrà procedere all’esecuzione di un eco-color-doppler transvaginale: con questa metodica si è in grado di studiare direttamente il flusso venoso nella regione pelvica così da valutare l’anatomia dei vasi e le eventuali anomalie nella circolazione.
I vantaggi di questa metodica diagnostica sono soprattutto:
- La facile esecuzione;
- La rapidità nell’ottenimento del risultato;
- La possibilità di studiare vasi, ovaie, utero e cervice senza far ricorso a radiazioni o mezzi di contrasto.
Trattamento del varicocele pelvico femminile
Il trattamento di questa patologia ha avuto una progressiva evoluzione nel corso degli anni, affinandosi sempre di più.
In origine, questa veniva trattata tramite l’impiego di approcci conservativi, quindi si faceva uso di farmaci antidolorifici o preparati ormonali. Questa scelta si è rivelata inefficace, perché mirava soprattutto a limitare il peso dei sintomi sulla vita della donna, senza però portare ad una concreta risoluzione della patologia.
In seguito, furono introdotti approcci più invasivi ma sicuramente più efficaci perché risolutivi e questi sono sostanzialmente due:
- Trattamento chirurgico;
- Trattamento di radiologia endovascolare di scleroembolizzazione retrograda.
Col primo si mirava, tramite anestesia generale, alla legatura chirurgica dei vasi ovarici affetti dal varicocele. È un trattamento sicuramente efficace che porta a risoluzione del quadro patologico, ma è gravato da maggiore invasività con un decorso post-operatorio più lungo e complesso per la paziente.
Il secondo, invece, consiste nell’introduzione di un piccolo catetere nelle vene ovariche attraverso il quale si inietta, direttamente in sede, un farmaco in grado di chiudere i vasi malati. Questo approccio viene effettuato con l’uso di una blanda anestesia, porta ad una rapida ripresa della funzionalità ovarica e non si accompagna ad alcuna anomalia nella produzione ormonale.